Empowerment è la parola inglese che può essere tradotta in italiano con “conferire poteri”, “mettere in grado di”.
Deriva dal verbo “to empower” che include una duplice sfumatura di significato intendendo sia il processo per raggiungere un certo risultato, sia il risultato stesso, cioè lo stato “empowered” del soggetto.
Empowerment si connota come “processo” e “prodotto”, risultato cioè di un’evoluzione di esperienze di apprendimento che portano un soggetto a superare una condizione di impotenza. Un “saper fare” e “saper essere” caratterizzati da una condizione di fiducia in sé, capacità di sperimentare, di confrontarsi con la realtà circostante.
Le azioni e gli interventi centrati sull’empowerment mirano a rafforzare il potere di scelta degli individui, migliorandone le competenze e le conoscenze in un’ottica di emancipazione politica oltre che terapeutica.
Il concetto di empowerment compare negli studi di politologia statunitensi tra gli anni ’50 e ’60, in riferimento all’azione per i diritti civili e sociali delle minoranze, i movimenti per l’emancipazione delle donne. Negli anni ’70 entra a far parte della letteratura socio-politica nella “moderna” teoria della democrazia e dei movimenti per i diritti civili, nello sviluppo del cosiddetto Terzo mondo, nei movimenti femminili e delle minoranze. Dagli anni ’80 la parola viene adottata anche nel linguaggio delle organizzazioni e del management.
In ambito sociale il processo di empowerment mette a fuoco gli squilibri tra aree sociali e le differenze di genere mentre, in un ambito politico-istituzionale è carattere fondante di una democrazia in quanto consente ai cittadini di ridefinire liberamente ogni dimensione della vita comune, l’organizzazione del governo, della proprietà, del lavoro e delle relazioni interpersonali.
In ambito organizzativo ha particolare rilevanza nella battaglia per far acquisire potere ai soggetti che lavorano nelle organizzazioni in condizioni svantaggiate.
Proprio in quest’ambito ha interessato in modo particolare le teorie e i modelli che propongono l’emancipazione femminile, l’aumento di potere delle donne nei vari ambiti d’azione sociale e politico.
L’ultima Conferenza mondiale sulla condizione della donna nel mondo, tenuta a Pechino nel settembre del 1995, ha concentrato l’attenzione su tempi e modalità per ottenere maggior empowerment per le donne nei Paesi a sviluppo economico arretrato ma anche in quelli più avanzati. Il termine è stato strettamente collegato al mainstreaming.
La Direttiva PCM. 27 marzo 1997 (Direttiva Prodi) riprendendo le indicazioni della Conferenza di Pechino, ha indicato nell’acquisizione di poteri e responsabilità (empowerment) un obiettivo strategico per il miglioramento della condizione femminile.