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Ingresso

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L’ingresso in Italia (e nell’Unione europea) di persone con cittadinanza di un Paese non facente parte dello Spazio economico europeo (SEE, che comprende i 15 Stati membri dell’Unione europea più Islanda, Liechtenstein e Norvegia) e provenienti dall’esterno del cosiddetto Spazio Schengen (l’insieme dei 15 Paesi che applicano la Convenzione ora integrata nel Trattato dell’UE) è consentito soltanto a coloro che:
si presentano attraverso un valico di frontiera;
sono in possesso di passaporto valido o altro documento di viaggio equivalente, riconosciuto dal governo italiano per l’attraversamento delle frontiere (tale documento deve consentire al titolare, in qualsiasi momento, il libero rientro nel Paese di rilascio). In circostanze eccezionali, allo straniero può essere concesso dalle Rappresentanze italiane un “lasciapassare” valido solo per l’Italia;
dispongano di documenti che giustificano lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e dimostrino di disporre di mezzi finanziari sufficienti in relazione alla natura e alla durata del soggiorno previsto e alle spese di ritorno nel Paese di provenienza o di transito verso uno Stato terzo (è esentato da tale dimostrazione lo straniero già residente nel territorio di una delle Parti contraenti e munito di regolare autorizzazione di soggiorno);
ove prescritto, siano muniti di valido visto d’ingresso o di transito (per soggiorni non superiori a 3 mesi, è esente da visto lo straniero già residente in uno Stato Schengen con regolare permesso di soggiorno; per l’Italia, tale esenzione non vale se l’ingresso avviene per motivi di “lavoro subordinato”, “lavoro autonomo” o “tirocinio”);
non sia segnalato ai fini della non ammissione;
non sia considerato pericoloso per l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di una delle Parti contraenti da disposizioni nazionali o di altri Stati Schengen (la verifica dell’assenza di rischi di immigrazione illegale è di diretta competenza delle Rappresentanze).
Nel caso di assenza di anche solo uno dei requisiti richiesti, la sanzione prevista consiste nel respingimento dello straniero, che può essere attuato dalle Autorità di Frontiera anche in presenza di regolare visto d’ingresso o di transito.
Con il rilascio del visto d’ingresso, è previsto che le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane rilascino una comunicazione scritta che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia.
Oltre ai motivi di esclusione dal rilascio del visto già previsti dal Testo Unico sull’immigrazione (mancanza dei requisiti, motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato italiano o di uno dei Paesi Schengen), la nuova legge sull’immigrazione (art. 4) prevede che siano esclusi dal rilascio del visto anche tutti gli stranieri che abbiano riportato condanna penale (anche a seguito di sentenza “patteggiata”, per uno dei delitti per i quali l’art. 380, commi 1 e 2, cod. proc. pen. prevede l’arresto obbligatorio in flagranza) per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia o dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, il reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da destinare ad attività illecite.

La norma non distingue né tra le diverse tipologie d’ingresso, né in relazione alla gravità e/o al numero dei reati commessi, introducendo così un criterio di esclusione automatica che opera anche in casi in cui il rilascio del visto deriva dal riconoscimento di un diritto di carattere fondamentale (ricongiungimenti familiari).
Entro il 30 novembre di ogni anno il presidente del Consiglio dovrebbe emanare un decreto che stabilisce le quote massime di stranieri da ammettere annualmente nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, stagionale e autonomo.

Oltre che per questi tre motivi, il permesso di soggiorno può essere richiesto anche per turismo, cure mediche, ricongiungimento familiare, lavoro artistico, affari, missione, studio, religione o culto, rifugiati politici, protezione sociale.

Esistono inoltre casi particolari di ingresso per lavoro regolati da una diversa disciplina dei visti d’ingresso e dei permessi di soggiorno.

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