In Italia ogni 25 ore in media viene commesso un atto di violenza ai danni di un cittadino straniero e nel 35% dei casi si tratta di azioni a sfondo xenofobo. Questo almeno è quanto riportava una ricerca resa nota nel 2001 (Università “La Sapienza” di Roma), ma il razzismo, la xenofobia e le discriminazioni ai danni di stranieri residenti in Italia si manifestano soprattutto con forme “striscianti” o “indirette” che quotidianamente vengono praticate sui luoghi di lavoro, nel mercato degli alloggi, nell’accesso ai servizi pubblici e privati, nei campi sanitario, scolastico e dell’ordine pubblico, nel tipo di informazione praticato dai media e nei messaggi espressi da esponenti politici. Pur essendovi molte esperienze e “buone pratiche” che favoriscono l’integrazione dei cittadini stranieri, l’Italia non pare ancora essere un Paese dove esistono reali pari opportunità e pari diritti tra cittadini nazionali e cittadini stranieri. Numerosi studi riportano casi di ingiustificate maggiorazioni dei canoni d’affitto o il rifiuto di affittare alloggi a stranieri, disparità di trattamento sia salariale che di condizioni di lavoro, difficoltà di accesso a servizi finanziari, assicurativi, sportivi, fino a casi di discriminazione in ambito sanitario e scolastico. E’ cioè ancora carente un vero approccio multiculturale in una società sempre più multietnica, e questo fin dalle giovani generazioni se è vero che il 70% delle segnalazioni di episodi razzisti ai danni di minori riguarda l’ambiente scolastico (Save the children, 2000), che, seppur in modo inconscio, i bambini possono essere razzisti già nelle scuole elementari e ciò si verifica soprattutto con intolleranza e pregiudizi nei confronti dei piccoli zingari all’insaputa degli insegnanti. Un’altra ricerca, poi, ha evidenziato come un ragazzo su tre, tra quelli intervistati, vive con disagio la presenza di immigrati stranieri (Università di “Roma 3”, 2000).
Sulla formazione della cosiddetta opinione pubblica giocano un ruolo fondamentale la scuola, gli organi d’informazione e quelli che la Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati ha definito “imprenditori politici del razzismo”.
Un’indagine commissionata dall’Osservatorio europeo su razzismo e xenofobia e svolta nel 2001 dalla Commissione europea sulle opinioni dei cittadini dell’Unione (Eurobarometro), mostrava come il 15% degli europei si sente “disturbato” dalla presenza di persone di nazionalità, razza e religione diverse dalla propria, ma metteva in evidenza come l’atteggiamento positivo verso l’interculturalità aumenti al crescere del livello di istruzione, a dimostrazione del fatto che l’istruzione è l’elemento fondamentale nella lotta al razzismo e all’intolleranza, soprattutto in prospettiva futura.
La già citata ricerca condotta dall’Università “La Sapienza” di Roma insieme all’Osservatorio sulla comunicazione sociale, che ha monitorato i maggiori quotidiani nazionali, notava rispetto agli anni precedenti una diminuzione dell’utilizzo di termini spregiativi nei confronti degli stranieri ma anche una preoccupante disattenzione sugli episodi di razzismo e discriminazione, probabilmente dettata dalla sottovalutazione di un fenomeno ormai percepito come “fisiologico” e da una sospensione di giudizio.
L’informazione è veicolata sempre più attraverso Internet, e anche nella rete telematica si registra una diffusione dei siti web razzisti e xenofobi (oltre 2000 censiti nel 1999).
L’Osservatorio europeo su razzismo e xenofobia (EUMC) sottolinea nel suo Rapporto annuale come le posizioni e le strumentalizzazioni dei partiti e degli esponenti politici incidono sullo sviluppo di sentimenti xenofobi, razzisti e di intolleranza religiosa tra la cittadinanza molto più che il tasso di immigrazione o di diversità religiosa di una società. Mentre in Italia, il secondo Rapporto sull’integrazione degli immigrati in Italia, redatto dalla ora decaduta Commissione per l’integrazione, nota con preoccupazione la diffusione di attività messe in atto da soggetti che definisce “imprenditori politici del razzismo” e che non sono solo esponenti politici.
Un fenomeno, quello del razzismo e della xenofobia, diffuso in tutti i Paesi (come emerso dalla Conferenza di Durban) e cresciuto ulteriormente dopo i fatti dell’11 settembre 2001 (vedi Rapporto dell’EUMC). Per poterlo comprendere è necessario uniformare definizioni e monitoraggio e per contrastarlo sono senz’altro importanti ma non sufficienti le iniziative legislative se non vengono supportate dalla creazione di una vera e diffusa cultura antirazzista.
In ogni caso, l’Unione Europea ha dedicato un articolo del suo Trattato (art. 13 del Trattato di Amsterdam) alla lotta contro ogni forma di discriminazione e ha emanato due direttive e un piano d’azione comunitaria per attuare tale articolo.
In Italia le due direttive non sono ancora state recepite; la materia degli atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi è stata regolata dagli articoli 43 e 44 del Testo unico sull’immigrazione e dalla legge n. 205/93, mentre nessun accenno viene fatto a razzismo, xenofobia, discriminazioni e nemmeno alle politiche d’integrazione degli stranieri nel testo della nuova legge n.189/2002 più nota come legge Bossi-Fini.