La società moderna tende ad emarginare la persona nel momento in cui esce dal ciclo produttivo, qualunque sia la sua età.
Dopo aver assaporato un’effimera euforia per aver raggiunto la possibilità di godere di un tempo libero ritrovato che si rivela, ben presto, privo di contenuti, molto spesso la persona resta in balia dello “choc da pensionamento”, della “sindrome da nido vuoto”, dell’ansia, della depressione e della non “voglia di comunicare con gli altri”, privata del desiderio di proiettarsi nel futuro per mancanza di un progetto di vita.
Con lo scopo di prevenire, quanto più possibile queste eventualità, per abbattere le barriere d’incomunicabilità fra le generazioni e per promuovere cultura e socialità, sono sorte le Università della Terza Età e le Università Popolare della Terza Età , che si sono adoperate per sviluppare un nuovo modo di fare cultura e di apprendere.
Ben presto non solo anziani, ma ragazzi, giovani, donne, lavoratori si sono associati . da questa diffusa partecipazione le Università della terza età diventarono Università popolare. L’aver superato il ghettizzante alveo della denominazione “Università della Terza Età” ha aperto nuovi e innovativi campi della formazione permanente, moltiplicando così la domanda e l’offerta di cultura. Un altro fattore di sviluppo è sicuramente l’aver intuito che le persone vogliono apprendere e partecipare in un rapporto nuovo con la formazione e i formatori. Apprendere una materia significa anche socializzarla e socializzare, questo approccio all’apprendimento basato sulla condivisione ha contribuito a renderlo un modello di funzionalità e di utilità sociale che ha reso vana la concezione rigida della divisione per età. L’età dei partecipanti è infatti profondamente cambiata nel corso degli anni, se inizialmente a prevalere è stata la popolazione anziana, in linea con le finalità di Università popolare della Terza Età, dopo circa 20 anni il processo di partecipazione è cambiato. Esiste sempre una consistente partecipazione di ultrasessantacinquenni (il 22,8%) ma è l’età cosiddetta adulta ad assumere il ruolo prevalente con il 71,3% dei partecipanti. D’altronde l’Unione Europea con gli obiettivi della strategia di Lisbona ha posto il 12,5% della popolazione in formazione permanente come parametro medio di acculturazione, e questo 12,5% corrisponde a 5 milioni di italiani della fascia di età 25-64 anni.
Se nel passato le Università della Terza Età sono state un’invenzione del tempo libero e il risultato della scoperta della terza età attiva, per cui il loro scopo principale era la socializzazione, recentemente, a partire da una maggiore diffusione generale dei concetti del lifelong learning, si stanno progressivamente predisponendo a prendere parte come protagoniste all’educazione degli adulti. È dal 1995 che si parla di lifelong learning grazie all’Unione Europea. Il concetto base è dato dal fatto che “non si finisce mai di imparare”, per cui la formazione non può che essere permanente dal momento che tutta la vita di una persona è soggetta ad apprendimento, inoltre in questa accezione esso deve essere coniugato al plurale perchè ogni atto della nostra esistenza è, volontariamente o non, un momento di apprendimento.
il lifelong learning che presuppone il riconoscimento della formazione come insieme composito delle competenze acquisite e l’apprendimento durante tutto il corso della vita come miglioramento e adeguamento delle conoscenze finalizzate alla crescita della persona. È un fenomeno naturale e necessario: i partecipanti sono sempre più giovani e l’esigenza di ottenere attestati e certificazioni spendibili anche in ambito lavorativo è ormai una necessità. Questo nuovo concetto di apprendimento ha di fatto spostato l’attenzione verso i discenti facendone i protagonisti di una nuova concezione della formazione.
Il riconoscimento della cultura delle competenze acquisite e da acquisire tuttavia non è da intendere come semplice professionalità dell’apprendimento ma in senso più ampio, come miglioramento e adeguamento delle conoscenze finalizzate alla crescita della persona sotto tutti gli aspetti, sociali, culturali, personali, dal momento che l’educazione degli adulti non può essere scissa dalla formazione di cittadini consapevoli, partecipi ed artefici delle trasformazioni che interessano la società.
nel seguito sono indicati i pilastri sui quali si fonda l’azione educativa e sociale dell’Università Popolari e sui quali sono state gettate le basi allo scopo di favorire i processi aggregativi nella società.
Pilastro Mission
Sociale Socializzazione e crescita della persona attraverso
Viaggi,visite guidate, attività educative
Educativo Diffusione della cultura dell’educazione per tutto l’arco
della vita. Espansione dell’educazione non formale e
informale.
Moltiplicatore di Creare, finanziare, sviluppare la rete del non profit in
Cultura e Italia e nel mondo. Favorire la partecipazione ad eventi
cittadinanza attiva culturali.
Culturale Crescita culturale attraverso la lettura, la scrittura, la
promozione del libro, della ricerca scientifica, del
dibattito culturale e scientifico.
Formativo Una formazione senza speculazioni economiche, una
formazione veramente per tutti. Gli accrediti sono a
garanzia della fruibilità dei certificati rilasciati per il lavoro.